MINIBASKET IN PILLOLE

“ Il minibasket non è la pallacanestro in miniatura “.
È vero che molti campioni hanno cominciato a frequentare i canestri da piccoli, ma questo non autorizza a pensare che esista un rapporto di causa effetto tra il gioco dei bambini e l’impegno agonistico degli atleti evoluti. La chiave di volta sta nella trepidazione con cui si aspetta la lezione, il senso di felice attesa per quella finestra di giornata dove il corpo e la mente finalmente stanno bene insieme, soprattutto crescono in armonia e reciproco rispetto. Per i bambini il gioco è una cosa seria, è lo spazio dove sperimentare e accrescere le abilità, non solo motorie.

“ il minibasket non è l’ambiente giusto per accumulare trofei “.
Se un istruttore chiede al minibasket di soddisfare le proprie ambizioni, ha sbagliato posto. Al centro ci sono i bambini, con le loro esigenze fisiche, cognitive, emozionali. È legittimo che chi operi in ambito sportivo nutra il bisogno di mietere successi: a questi, è sconsigliato vivamente di occuparsi di soggetti in fase evolutiva precoce. Un conto è chiedere ai bambini di dare il meglio di se stessi ( situazione controllabile e verificabile ), un altro di vincere a prescindere ( situazione con controllabile in quanto esiste la variabile della squadra che affronti ). Valutare la prestazione e non il risultato significa aiutare a dare il peso giusto alla sconfitta, che non è mai un fallimento.

“ il minibasket non è la ricerca dell’esecuzione perfetta “
Ci sono delle discipline sportive dove viene richiesto un altissimo livello di precisione gestuale: il minibasket non rientra fra queste. È innegabile che i bambini debbano palleggiare, tirare, passare, ma non in modo sterile e ripetitivo. L’obiettivo non è l’esecuzione omologata, quanto la soluzione creativa dei problemi. Stimolare l’inventiva produce un duplice effetto: tirare fuori ciò che c’è di originale in ciascuno e, contemporaneamente, aiutare i piccoli a risolvere le diverse situazioni di gioco utilizzando le abilità cognitive.