SETTORE GIOVANILE A VENTAGLIO

Una società di Pallacanestro che si rispetti deve proporre un’offerta tecnico-formativa che sia all’altezza dei tempi. La classica suddivisione per classi d’età, mutuata dalla scuola, non può funzionare. C’è chi gioca da molto tempo e ha acquisito determinate abilità, chi deve ancora iniziare, chi fa fatica a progredire, chi ha raggiunto la maturità fisica precocemente e chi invece deve ancora crescere. Queste ‘diversità’ hanno bisogno di specifiche attenzioni: mettere tutti nello stesso ‘contenitore’ significa scontentare, nella scala di apprendimento, sia quelli che stanno in alto sia gli altri che stanno sotto. Il concetto di gruppo stabile è fuorviante: non esiste un gruppo predefinito, fisso, inamovibile. Il gruppo è in continuo mutamento, tra entrate e uscite, novità e continuità. I ragazzi devono cogliere da subito la distinzione tra frequentazione (attribuibile a qualsiasi momento della giornata) e apprendimento collettivo (durante i momenti in cui la squadra si raduna, si allena e gioca). Occorre fare una scelta: sostituirsi alle agenzie di aggregazione oggi in declino (oratori ecc.) oppure vendere un prodotto di qualità dove l’insegnamento della tecnica e della mentalità siano al primo posto della lista.

In sintesi:

  • ogni società sportiva di pallacanestro dovrebbe, all’interno del suo programma formativo, proporre più indirizzi: un indirizzo agonistico, dove gli atleti più prestanti e capaci possano allenarsi e giocare in campionati di livello medio alto, utilizzando anche annate diverse; un indirizzo amatoriale, dove i ragazzi meno dotati, quelli che iniziano o che devono ancora svilupparsi possano trovare l’habitat ideale per crescere adeguatamente. I due ambiti sono comunicanti e a doppio senso circolatorio, nel senso che ci possono essere movimenti in entrata ed uscita a seconda delle trasformazioni fisiche, tecniche, cognitive di ciascun atleta.
  • Il Nuovo Basket 2000 ha scelto di differenziare i percorsi formativi, dando a ciascun atleta la possibilità di migliorare attraverso le modalità che più si adattano a ciascun caso specifico. Mettere un ragazzo appena svezzato ad allenarsi con un gruppo competitivo vale la stessa crudeltà che costringere un atleta con buone capacità a fare un percorso di basso impatto.
  • L’obiezione più ovvia ed insistente: se gli atleti sono pochi, come si fa a differenziare? Esiste un problema normativo: non si può proibire ad un giocatore sotto età di partecipare ad un campionato se questi è davvero in grado di farlo. Doncic non sarebbe quello che è se non avesse potuto giocare con i compagni più grandi di due/tre anni. Secondo: mettere in atto sinergie dove i giocatori possano accoppiarsi secondo capacità. Non è una buona idea – la storia lo insegna – intestardirsi con i propri costringendo i più bravi ad allenarsi e giocare in condizioni di povertà formativa e i meno bravi a fare sforzi e sacrifici per non mettere mai piedi in campo.