palestre, aule e l’asino

Da insegnante – per giunta di ginnastica (termine di gran lunga migliore di educazione fisica, ancor più del moderno scienze motorie) – mi è sempre sfuggito il senso della gestione delle palestre, in orario pomeridiano, affidata alle istituzioni scolastiche. Si fa un gran vociare in questi giorni della possibilità, non del tutto remota, che gli impianti scolastici vengano negati alle associazioni sportive: è giusto sapere, per dover di cronaca, che molte di queste strutture sono già proibite, ancor prima che il Covid facesse capolino, visto che molti Consigli di Istituto hanno pensato bene – o male, a seconda delle parti – di non concederle se non ai propri alunni. Dunque, non è una novità che le scuole si arroghino il diritto di proprietà sulle palestre. Oggi si parla di assunzione di responsabilità: in realtà, non è altro che un paravento legale per impedire a personale ‘esterno’ di varcare la soglia dei propri confini. Nessuna scuola, se non in circostanze eccezionali, ha mai prestato volentieri le ‘proprie stanze’ se non perché costretta a farlo. Le motivazioni, seppur poco comprensibili, sono limpide: prestare le chiavi a qualcun altro significa perdere il possesso esclusivo del bene (come se, gli ‘abitanti’ dell’edificio ne fossero davvero i proprietari); le pulizie sono un fertile terreno di battaglia; i danni, che naturalmente se commessi in famiglia possono essere tollerati, diventano alibi di ferro per rifarsi sui malcapitati ospiti (dimenticando che, spesso, le società fanno un vero e proprio servizio manutentivo). Messo così, le scuole non hanno alcun interesse affinché le società sportive possano usare i propri locali, quantunque la nobiltà di scopi, ossia lo sviluppo armonico dei nostri giovani attraverso l’esercizio fisico e sportivo. Perciò, esiste un solo modo per risolvere la vexata quaestio: togliere la patria potestà alle istituzioni scolastiche per quanto riguarda l’organizzazione extra-curricolare delle palestre e affidarla totalmente a chi si occupa del bene pubblico, ossia alle amministrazioni locali. Solo i Comuni possono, in ottemperanza ai propri doveri, impedire che le palestre si trasformino in aule e metterle così a disposizione della collettività. Per l’identico ma opposto motivo, le associazioni che hanno in gestione le strutture sportive dovrebbero negare l’ingresso mattutino alle scuole? Personalmente, mi troverai per strada ad insegnare la mia materia. In questo balletto patetico di scarica barile, non è solo il ministro della pubblica istruzione a doversi muovere: se è vero che lo sport è un’attività essenziale per il bene di tutti, e non solo di alcuni, ciascuno dovrà fare la propria parte. Associazioni sportive, governi locali e nazionali, istituzioni scolastiche, federazioni sportive. Qualcuno, prima o poi, la responsabilità dovrà prendersela e smettere di lavarsene le mani. Oppure, come novelli asini di buridano, sceglieremo di non scegliere, decidendo il nostro fatal destino: la morte per inedia dello sport italiano.