Giù la maschera

Mascherina e sport sono ossimori. Possiamo scomodare la NASA, i migliori cervelli sparsi nel globo terraqueo, la risultante non cambia: se il dispositivo serve a intercettare le particelle virali in entrata e uscita, lo stesso vale per l’anidride carbonica e l’ossigeno. Perciò, se durante lo sforzo fisico si va inevitabilmente in iperventilazione, la maschera diventa un impedimento alle normali funzioni respiratorie. Punto. Chi ha provato a giocare con la maschera, quella vera, dopo aver subito un trauma al setto nasale, conosce bene l’argomento. In aggiunta, vogliamo parlare di visione periferica e di sudorazione? Negli sport di squadra, il controllo visivo a 360 gradi è fondamentale, soprattutto di questi tempi dove le azioni di gioco si sviluppano in frazioni di secondo. Cosa sappiamo, poi, degli effetti dei materiali sulla pelle, visto che si parla di totale aderenza? Qualcuno, per caso, ha fatto i conti con atleti asmatici? Facciamo un semplice ragionamento: per evitare il rischio di improbabili contagi, ne prendiamo un altro di proporzioni maggiori, in un mondo inesplorato dove le conseguenze, al momento sconosciute, possono essere fatali? Ho profondo rispetto per i ricercatori del Politecnico, capaci di ideare e realizzare prodotti di alta specializzazione, in condizioni di normalità: lo sport agonistico, che richiede contenuti fisiologici vicino al limite estremo, risponde a parametri totalmente diversi. C’è da augurarsi un ripensamento: sarebbe una follia obbligare tutti gli atleti, in particolare i più giovani, ad indossare la protezione per partecipare alle gare di campionato. La pallacanestro, come la pallavolo, sono quelle che abbiamo conosciuto fino ad oggi: se non si è nelle condizioni di riprendere secondo le modalità consuete, vuol dire che ci si allenerà sui fondamentali fino a vomitarli e l’agonismo attenderà tempi migliori. Abbiamo giustamente tolto l’inutile dal corpo (collanine, orecchini, anelli, orologi) per ragioni preventive, ora invece lo indossiamo! Sarebbe necessaria una riflessione anche sull’aspetto economico della vicenda, meglio sorvolare per ragioni di spazio e tutela personale. Spiacente caro Marco, incolpevole testimonial, grande simbolo della pallacanestro italiana ed orgoglio della nostra terra, su questa strada non ti seguo: non averne a male. Ti preferisco senza.