In tutti i sensi

Già la didattica a distanza è un grosso problema, figurarsi lo sport. A distanza possiamo salutarci, raccontarci la giornata, persino ridere o piangere. Insegnare scienze motorie al computer è come chiedere ad un cuoco di cucinare senza ingredienti o pensare di saperlo fare dopo aver letto frettolosamente una ricetta sul libro della nonna. Anche lo sport segue la stessa regola: si può fare solo con la partecipazione straordinaria di tutti i sensi. Lo sport è rumore: quello del pallone che batte per terra o picchia sul ferro; le voci dei giocatori che si rincuorano o si mandano in quel paese; le urla dell’allenatore che chiede perfezione; il respiro forte e affannoso di chi corre avanti e indietro senza sosta; il fischio dell’arbitro, gli applausi del pubblico (incluse le intemperanze), le scarpe che cigolano sul legno. Lo sport è odore: quello inconfondibile dello spogliatoio, un mix di sudore e varichina; il pallone, che sa di cuoio consumato da tante mani e battaglie; le magliette, profumate in entrata, stonfe e irrespirabili in uscita; perfino la vittoria e la sconfitta hanno un odore e un sapore diverso. Lo sport è colore: le divise, simbolo perpetuo di appartenenza e distinzione; le linee del campo, le aree, le scarpe, i tubolari, le bandiere, il tabellone elettronico che decreta incontestabilmente e cromaticamente sconfitti e vincitori. Lo sport è soprattutto contatto: il contatto fra compagni di squadra fatto di mani alte, abbracci, e quello con gli avversari, corpo a corpo nei limiti della legalità. Strette di mano, pacche sul sedere, tagliafuori, blocchi: niente a che vedere con uno schermo freddo e neutrale. Non faremo sport a distanza. O in presenza, o non faremo sport. Andremo in posti isolati, su strade sperdute e dimenticate, oppure su cortili polverosi e garage con canestri arrugginiti: ciascuno saprà cosa fare, lo farà facendo e vivendo, non propriamente on line o in forma virtuale.